Al Bano interviene sul caso della famiglia Trevallion, allontanata dai figli per vivere nel bosco: ecco cosa ha detto e cosa è pronto a fare per loro.
Al Bano dalla parte dei Trevallion: “Li capisco, ho fatto la stessa scelta”
Una storia che colpisce al cuore: la vita nei boschi, il tribunale e l’intervento del cantante
Quando la vita ti chiama a scegliere tra il rumore del mondo e il silenzio della natura, c’è chi risponde con coraggio. È il caso di Nathan Trevallion e Catherine Birmingham, la coppia australiana che ha deciso di crescere i propri tre figli lontano dal caos urbano, in un bosco di Palmoli, in Abruzzo. Una scelta che però è costata loro carissima: lo scorso 13 novembre il Tribunale per i minorenni dell’Aquila ha disposto l’allontanamento dei bambini, trasferiti in una casa protetta, mentre la madre è stata separata da loro.
Motivi? Una casa ritenuta inadeguata – senza bagno interno e servizi essenziali – e l’educazione parentale, giudicata limitante per la socializzazione dei piccoli. Una storia che ha diviso l’opinione pubblica. Ma tra chi ha deciso di esporsi con forza c’è Al Bano Carrisi.
Il cantante di Cellino San Marco ha raccontato di sentirsi profondamente vicino a questa famiglia. Non solo per empatia, ma per esperienza diretta: “Anche io ho scelto di vivere nel bosco, con Romina e i nostri figli. So cosa significa andare controcorrente. E ora, se vorranno, offro loro una casa e anche un lavoro”.
“Anche io senza acqua e con bagno esterno: ecco perché li capisco”
Nel raccontare il suo passato, Al Bano ha rievocato l’inizio della sua vita con Romina Power, quando decisero di costruire una casa lontana dal centro abitato, immersa nella campagna. “Nel 1970 pagai 20 milioni di lire per avere l’elettricità. L’acqua ancora oggi la prendiamo dai pozzi artesiani. Il bagno? Era esterno, come in tante case del Sud”, racconta con orgoglio, sottolineando che quello stile di vita non era un disagio, ma una scelta consapevole.
L’istruzione dei figli? “Frequentavano la scuola americana, ma crescevano senza contaminazioni negative”, spiega. Da qui la sua indignazione per il provvedimento giudiziario che ha separato i Trevallion dai loro bambini. “Umanamente, mi sembra un’esagerazione”.
Non si tratta solo di parole. Al Bano ha messo a disposizione della famiglia una casa nella sua tenuta: un ambiente immerso nel verde, con animali e natura. “Senza limiti di tempo e gratuitamente. Loro sanno cosa stanno facendo e io pure. Li capisco davvero, e se mi cercano, offro anche un lavoro”.
Il suo gesto non ha nulla a che vedere con la voglia di apparire. “Mi stanno cercando da diversi programmi TV, ma non voglio pubblicità. Seguo solo l’istinto. Ho fiducia in quella famiglia. E poi, quei bambini… li abbiamo visti tutti: erano felici”.
Una battaglia culturale prima che giudiziaria
Nel suo racconto, Al Bano non nasconde il legame profondo con le proprie radici contadine. “Non è una posa romantica, è la mia vita. Mio padre non capiva perché volessi vivere in una masseria, ma io l’ho fatto. Perché non volevo che i miei figli crescessero nell’inquinamento. E oggi, vedo la stessa scelta nei Trevallion”.
Il suo gesto di solidarietà non è isolato. Ricorda quando, negli anni ’90, ospitò famiglie albanesi durante l’emergenza immigrazione, e più recentemente alcune famiglie ucraine. “Quando ero a casa, mangiavamo tutti insieme. Non si gira le spalle all’umanità”.
Quella dei Trevallion è una storia che divide, ma anche che pone interrogativi profondi su cosa significhi oggi essere genitori, educatori e cittadini. Al Bano ci mostra che si può essere celebri e allo stesso tempo umani, schierandosi con chi viene emarginato per una scelta fuori dagli schemi. Il punto non è solo se una casa ha un bagno interno, ma se quei bambini erano amati, accuditi, felici. E forse, quella risposta l’abbiamo già vista nei loro sorrisi.
E voi? Cosa ne pensate di questa vicenda? È giusto allontanare dei bambini dai genitori per una scelta di vita alternativa?
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