Catherine e Nathan, Una Famiglia Nella Natura: E’ Giusto Togliergli I Figli?

Una famiglia vive isolata nella natura abruzzese con tre figli piccoli: uno stile di vita alternativo che ora rischia di trasformarsi in un caso giudiziario.

Palmoli, un piccolo borgo tra i boschi abruzzesi, è diventato il palcoscenico di una vicenda che divide l’opinione pubblica. Catherine Birmingham, 45 anni, australiana, e Nathan Trevallion, 51 anni, britannico, hanno scelto di crescere i loro tre figli — una bambina di 8 anni e due gemelli di 6 — in una ex casa colonica immersa nella natura, lontano dai ritmi della società moderna. Ma quella che sembrava una scelta di vita alternativa è finita sotto la lente d’ingrandimento della Procura dei minori dell’Aquila.

L’accusa? Isolamento, condizioni abitative ritenute non idonee e mancanza di istruzione scolastica convenzionale. Dopo una segnalazione dei carabinieri — avvenuta in seguito a un’intossicazione da funghi che ha portato l’intera famiglia in ospedale — sono emerse alcune criticità: assenza di acqua corrente, elettricità della rete e servizi igienici standard. Tuttavia, la famiglia si difende: “Abbiamo pannelli solari, un pozzo per l’acqua e un camino per scaldarci. Facciamo la spesa ogni settimana a San Salvo, non siamo eremiti.”

Genitori alternativi o irresponsabili?

I tre bambini seguono l’unschooling, una forma di istruzione domiciliare non strutturata. Non frequentano una scuola, ma sono seguiti da una docente del Molise che li aiuta settimanalmente. Non hanno un pediatra assegnato stabilmente, ma — secondo la difesa — godono di ottima salute e sono regolarmente iscritti al Sistema Sanitario Nazionale. “Non li stiamo isolando — afferma Catherine — li stiamo preparando a un mondo che non vogliamo gli faccia male troppo presto.”

Il loro avvocato, Giovanni Angelucci, respinge con forza l’idea che ci siano abusi o negligenze: “Non si tratta di disagio sociale, ma di una famiglia economicamente indipendente, che ha fatto una scelta consapevole. Nessuna violenza, nessuna devianza. Solo un modo diverso di vivere.”

E in effetti la loro storia d’amore e di migrazione ha i contorni del romanzo: conosciutisi a Bali nel 2016, lei ex cavallerizza con esperienze internazionali, lui ex chef e poi imprenditore nel commercio di mobili pregiati, si sono innamorati passeggiando sulla spiaggia con i loro sette cani. Dopo un periodo a Teramo, dove sono nati i figli, si sono trasferiti a Palmoli nel 2021, per vivere secondo valori alternativi, lontano da tecnologia e consumismo.

I figli, dicono, sono felici, in salute, curiosi del mondo. Hanno imparato a cucinare, coltivare, riconoscere piante e animali. Non mancano contatti sociali: parlano con i parenti in Australia e Regno Unito grazie ai telefoni dei genitori e socializzano con altri bambini della zona.

Libertà educativa o rischio per i minori?

Il dibattito è acceso. Da un lato, il diritto dei genitori a scegliere per i propri figli un’educazione alternativa e un contesto naturale. Dall’altro, la necessità dello Stato di garantire ai minori un ambiente sano, sicuro e socialmente integrato. Fin dove può spingersi la libertà educativa? Quando una scelta diventa un rischio?

Nel caso di Catherine e Nathan, la linea tra autonomia familiare e responsabilità legale si fa sottile. Il tribunale dovrà decidere se questa scelta radicale rappresenti una violazione dei diritti dei minori o, al contrario, un’espressione autentica di amore e cura.

E tu, cosa ne pensi? È giusto che lo Stato intervenga in casi come questo o dovrebbe rispettare le scelte di genitori responsabili? Scrivilo nei commenti qui sotto!

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