Avanti Un Altro, Nino Nero: Frugavo Nella Spazzatura Per Sfamarmi!

Un’infanzia segnata dalla povertà estrema, un’adozione salvifica e l’amore per Nino D’Angelo: ecco come Reginaldo Carrino è diventato Nino Nero, volto amato di Avanti un Altro.

C’era una volta un bambino brasiliano che frugava nella spazzatura per sfamarsi. Oggi, quello stesso bambino fa sorridere milioni di italiani nel salottino di Avanti un Altro, travestito da Nino D’Angelo. Il suo nome d’arte è Nino Nero, ma all’anagrafe è Reginaldo Carrino, 43 anni, una storia che sembra uscita da un film drammatico con un finale a lieto fine.

Reginaldo nasce a Salvador de Bahia in condizioni estreme: sei fratelli, una madre sola e nessun futuro. Fame, parassiti intestinali e un padre fuggito troppo presto. Ma l’atto più doloroso e generoso della sua vita arriva da chi gli ha dato la vita: la madre, che lo affida a una famiglia napoletana, sperando in un domani migliore per lui e suo fratello minore.

E quel domani, a sorpresa, arriva davvero.

La forza dell’identità, la magia dell’imitazione

Atterrare in Italia non ha significato l’immediata salvezza. I pregiudizi razziali lo accompagnano come un’ombra. A scuola lo escludono, nei ristoranti viene deriso e sfruttato. Ma Reginaldo non si arrende. Il vero punto di svolta arriva quando scopre le canzoni di Nino D’Angelo. Quelle melodie diventano la sua ancora, la sua voce, la sua maschera per affrontare un mondo che lo guardava storto.

Nel momento in cui indossa la parrucca bionda e intona le note di “Nu jeans e ‘na maglietta”, non è più solo un ragazzo nero con un passato difficile. È un simbolo d’integrazione. È napoletano, come chiunque si riconosca in quella cultura fatta di musica, cuore e orgoglio.

Grazie a video virali, viene notato dalla redazione di Avanti un Altro. Paolo Bonolis lo accoglie a braccia aperte, definendolo con ironia e affetto “la risposta melaninica a Nino D’Angelo”. Il pubblico lo adora, lo acclama, lo abbraccia. Napoli lo ha adottato per la seconda volta, ma stavolta non è un’adozione burocratica: è un gesto d’amore collettivo.

Reginaldo non ha solo conquistato la tv. Ha trovato anche un amore solido in Daniela, la donna che da più di vent’anni è al suo fianco. “O core nun tene culure”, gli sussurra lei il primo giorno. E oggi quella frase è diventata il titolo della canzone che le ha dedicato. Una dichiarazione d’amore e d’identità, un inno contro ogni discriminazione.

E se il razzismo ha provato a schiacciarlo, lui ha risposto con il sorriso, il talento e una parrucca bionda. La musica e l’arte hanno fatto da ponte tra due mondi, trasformando un dolore privato in uno spettacolo pubblico che oggi scalda i cuori.

La storia di Nino Nero è un pugno nello stomaco e una carezza al cuore. È la dimostrazione vivente che il dolore non definisce chi sei, ma può scolpire chi diventerai. In un Paese spesso diviso tra accoglienza e intolleranza, la sua voce – anche se imitata – è autentica, vera, necessaria.

E tu? Hai mai trovato forza e riscatto proprio in ciò che gli altri usavano per ferirti? Scrivilo nei commenti e raccontaci la tua storia. Le voci più forti spesso arrivano da chi ha imparato a cantare nel buio.

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