Scopri i 10 errori giudiziari più clamorosi della storia italiana: da Enzo Tortora a Pierina Paganelli, quando la giustizia ha perso la bussola.
In un Paese dove la giustizia dovrebbe rappresentare equilibrio e verità, ci sono storie che gridano vendetta. Episodi in cui la bilancia ha perso l’equilibrio, schiacciando vite innocenti sotto il peso di accuse sbagliate, perizie frettolose e sentenze capovolte.
L’Italia ha vissuto numerosi casi in cui lo Stato ha preso un vero e proprio granchio giudiziario. A volte per superficialità, altre per protagonismi investigativi o pressioni mediatiche. E quando la verità arriva, spesso è troppo tardi.
Partiamo da una delle vicende più iconiche: Enzo Tortora, noto volto televisivo, arrestato nel 1983 con accuse infamanti. L’unica “prova”? Le parole – poi smentite – di alcuni pentiti. Dopo anni di calvario giudiziario, fu assolto, ma non fece in tempo a godersi la libertà: morì nel 1988, segnato nell’anima e nel corpo. Il suo nome è ancora oggi il simbolo della giustizia cieca.
Poi c’è il caso Francesco Narducci, medico trovato morto in circostanze misteriose. Per anni collegato, senza prove, ai delitti del Mostro di Firenze. Inchieste infinite, esumazioni e congetture si sono dissolte in un nulla di fatto. Un’intricata favola giudiziaria senza finale.
Nel cuore di Roma, l’omicidio di Simonetta Cesaroni in via Poma (1990) ha visto scorrere trent’anni di indagini inconcludenti. Furchì, il portiere, poi altri sospetti, ma nessun colpevole. Tante ipotesi, nessuna certezza. E la giustizia? Rimasta impantanata nel buio.
Tra assoluzioni, condanne e misteri ancora aperti
Il volto tumefatto di Stefano Cucchi, morto dopo un arresto per droga, ha scosso le coscienze. Inizialmente liquidato come “caduta accidentale”, solo dopo anni è emersa la brutale verità: fu pestato. Solo grazie all’instancabile battaglia della sorella Ilaria, la giustizia ha (parzialmente) fatto il suo corso.
Nel caso di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco nel 2007, l’oscillazione tra assoluzione e condanna di Alberto Stasi ha mostrato tutta la fragilità del sistema: prove contestate, analisi smentite, sentenze ribaltate. Un’altalena giudiziaria che ha lasciato solo incertezza.
Il delitto di Cogne, con Annamaria Franzoni condannata per l’uccisione del figlio, continua a dividere. Scene del crimine compromesse, prove scientifiche fragili e una copertura mediatica senza precedenti. La domanda resta: fu davvero colpevole?
Nel 2007, a Perugia, l’omicidio di Meredith Kercher portò alla sbarra Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Condanne, assoluzioni, poi ancora condanne… fino al verdetto definitivo di assoluzione. La Cassazione parlò di “clamorosa carenza probatoria”. Una lezione mondiale su come non si fa un’indagine.
Anche i casi non legati direttamente a errori giudiziari, come quello di Erika e Omar, assassini dei genitori di lei, mostrano il fallimento di un sistema incapace di cogliere segnali di disagio. E quello di Emanuela Orlandi, scomparsa nel 1983, resta uno degli enigmi più lunghi e opachi della cronaca italiana, tra depistaggi, poteri oscuri e promesse mancate.
Infine, il recentissimo caso di Pierina Paganelli a Rimini. Indagini iniziali già viziate da omissioni e ritardi. Sarà un altro nome da aggiungere alla lista dei misteri irrisolti?
Questi dieci casi sono solo la punta dell’iceberg. Ma pongono una domanda inevitabile: quante vite devono ancora essere rovinate prima che la giustizia impari dai suoi errori?
Secondo te, oggi, in qualche carcere italiano c’è ancora qualcuno che sta pagando per un crimine che non ha commesso? Raccontaci la tua opinione nei commenti: siamo curiosi di sapere cosa ne pensi.