Scopri la vita e la carriera dell’avvocato Antonio De Rensis, difensore nei casi più discussi d’Italia, dal delitto Garlasco a Marco Pantani. Un profilo tra riservatezza e passione per la giustizia.
Antonio De Rensis: il volto riservato dietro i processi più scottanti d’Italia
Tra i nomi più conosciuti nel panorama giudiziario italiano, spicca quello di Antonio De Rensis, l’avvocato che ha affrontato alcuni dei casi più discussi e controversi degli ultimi vent’anni. Non è solo l’ex difensore di Alberto Stasi nel celebre caso del delitto di Garlasco, ma anche un protagonista silenzioso e tenace di molte vicende che hanno attraversato il mondo dello sport, della cronaca nera e della giustizia italiana.
De Rensis ha saputo costruire una carriera solida nel diritto sportivo, arrivando a rappresentare figure di grande rilievo come l’ex CT della Nazionale Antonio Conte, il campione di motociclismo Andrea Iannone e persino la famiglia del leggendario ciclista Marco Pantani. Il suo nome è oggi sinonimo di rigore, determinazione e discrezione.
Un avvocato che ama stare dietro le quinte
Chi conosce Antonio De Rensis sa che la sua immagine pubblica è stata costruita più attraverso i risultati in tribunale che per mezzo dei riflettori. Non ama rilasciare interviste, non è presente sui social (a eccezione di LinkedIn, dove mantiene un profilo per motivi strettamente lavorativi) e ha sempre protetto con cura la sua sfera personale.
Originario di San Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna, ha studiato al liceo classico Giovanni Pico di Mirandola, nei pressi di Modena. È noto per la sua passione per il calcio e per il Milan, passione che talvolta lo ha portato a partecipare come opinionista su Sportitalia. Attualmente lavora nel suo studio legale di Bologna, dove collabora con altri due nomi di peso del diritto italiano: Giulia Buongiorno e Luigi Chiappero.
Grandi casi, grandi responsabilità
La sua carriera ha preso una piega nazionale con il caso della morte di Marco Pantani, il campione di ciclismo soprannominato “il Pirata”. Nel 2004, Pantani fu trovato morto in un residence di Rimini in circostanze opache. La morte venne archiviata come overdose accidentale, ma la madre del ciclista, convinta che la verità fosse stata insabbiata, si rivolse a De Rensis per tentare di riaprire il caso. L’avvocato si batté per portare alla luce le incongruenze delle indagini, evidenziando come elementi chiave fossero stati sottovalutati.
Altro caso clamoroso è stato quello del calcioscommesse, dove De Rensis difese Antonio Conte, allora allenatore del Siena. Anche in quella circostanza, nonostante le forti pressioni mediatiche, riuscì a trovare un equilibrio tra la difesa dell’immagine pubblica e la strategia legale, portando alla chiusura della vicenda con un patteggiamento e dieci mesi di squalifica.
Infine, il più noto e doloroso dei procedimenti: il delitto di Garlasco. Alberto Stasi, fidanzato della vittima Chiara Poggi, è stato condannato nel 2015, ma De Rensis, suo legale difensore, non ha mai smesso di cercare nuovi spiragli per far luce su possibili errori investigativi. Oggi, a distanza di dieci anni, chiede la riapertura del caso basandosi su due nuove prove: un’impronta palmare – identificata come “prova numero 33” – e tracce di DNA rinvenute sotto le unghie della ragazza, che non appartengono a Stasi, ma ad Andrea Sempio, un amico del fratello della vittima.
Una figura chiave della giustizia italiana
Antonio De Rensis si è sempre distinto per il suo modo meticoloso e coerente di lavorare, senza mai escludere alcuna ipotesi e cercando costantemente la verità, anche quando questa sembra ormai archiviata. Non è solo un avvocato difensore, ma un investigatore dell’animo umano e delle pieghe della giustizia.
La sua storia ci invita a riflettere su quanto sia complesso e delicato il ruolo di chi difende in tribunale: si tratta di cercare la verità, ma anche di garantire che ogni voce venga ascoltata e ogni pista analizzata.
Cosa pensate della sua battaglia per la riapertura del caso Garlasco? Pensate che nuove prove possano davvero cambiare una sentenza definitiva?