Scopri perché Kabir Bedi ha accolto con rispetto e affetto il nuovo Sandokan interpretato da Can Yaman, senza nostalgia né rivalità: un passaggio di testimone pieno di dignità e speranza.
È tornato Sandokan — ma chi lo ha reso leggenda continua a guardarlo con affetto. Il celebre volto degli anni ’70, Kabir Bedi, non ha reagito con gelosia alla notizia del remake targato 2025 con Can Yaman. Anzi, il suo approccio è stato tutto fuorché nostalgico. Ha accolto il nuovo progetto con una benedizione carica di eleganza, come solo chi ha lasciato un segno indelebile può fare.
Oggi Kabir Bedi si divide tra Mumbai e Londra, impegnato in nuove avventure professionali, ma Sandokan continua a seguirlo ovunque. Parlando della serie in arrivo, ha espresso grande apertura, sostenendo che ogni generazione ha bisogno dei propri eroi e dei propri racconti. Il nuovo Sandokan, secondo lui, non cancella quello storico. Lo reinventa, lo rinnova, lo traghetta nel futuro.
Can Yaman: l’erede scelto per infiammare il mito
Kabir non ha avuto dubbi sul fatto che Can Yaman abbia tutte le carte in regola per interpretare il personaggio: presenza scenica, fascino, intensità. Qualità diverse da quelle degli anni Settanta, ma perfette per raccontare un eroe a un pubblico contemporaneo. Nessuna competizione, solo il piacere di vedere la propria opera rivivere con nuovi strumenti.
Guardando ai tempi della sua interpretazione, Bedi ha ricordato quanto fosse tutto affidato alla fisicità e all’arte degli stunt. Nessuna CGI, solo astuzia artigianale e coraggio vero. Quel celebre “salto della tigre”, per esempio, fu un piccolo miracolo tecnico: girato senza l’ausilio di computer, con la troupe nascosta dietro una grata e l’attore faccia a faccia con un felino vero. Esperienze che oggi sembrano fuori dal mondo, ma che hanno contribuito a creare un’icona senza tempo.
Essere il volto di Sandokan ha significato per Kabir Bedi una popolarità mondiale, ma anche un’etichetta difficile da scrollarsi di dosso. Per anni ha cercato ruoli che lo allontanassero da quell’immagine, spesso interpretando personaggi duri o antagonisti. Eppure, quella parte di sé non l’ha mai abbandonata del tutto. Sandokan rappresenta ancora per lui un ideale: libertà, coraggio, giustizia. Valori che, nel caos del presente, suonano più attuali che mai.
Ricordi di un’avventura irripetibile
Kabir ha parlato con affetto del cast originale, ricordando colleghi come Philippe Leroy, Adolfo Celi e Carole André. Un gruppo unito, dentro e fuori dal set, che ha costruito qualcosa di irripetibile. La scelta del ruolo fu rocambolesca: arrivò a Roma in inverno, senza un cappotto, per sottoporsi a prove fisiche durissime. Nuotò, cavalcò, corse, affrontò primi piani estenuanti. E conquistò il ruolo che lo avrebbe reso leggenda.
Sandokan non fu solo lavoro. L’Italia diventò per Kabir una seconda patria. Venne insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica e da allora porta con sé un amore profondo per il nostro Paese. Racconta ancora con emozione di quando gli operai della Fiat lo accolsero sventolando i romanzi di Salgari, simbolo di un affetto popolare senza confini.
Oggi, con Sandokan pronto a rinascere sullo schermo, Kabir Bedi non teme di essere oscurato. Sa che nessuno potrà cancellare il primo sguardo “da tigre” che ha fatto innamorare milioni di spettatori. Ma sa anche che ogni leggenda, per sopravvivere, deve evolversi. Per questo ha scelto di accogliere il nuovo Sandokan con rispetto, benedizione e fiducia.
E tu, cosa ne pensi di questo passaggio di testimone tra generazioni? Ti convince l’idea di un nuovo Sandokan? Lascia un commento e parliamone insieme.
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