Scelta di libertà o abbandono? La storia che divide l’Italia: tre bambini tolti ai genitori per aver vissuto in una casa senza luce e scuola.
Nel cuore selvaggio di Palmoli, un minuscolo borgo abruzzese incastonato tra i boschi e il silenzio, una famiglia anglo-australiana aveva deciso di vivere lontano dal mondo. Una scelta radicale, fatta di natura, animali, niente elettricità, niente acqua corrente. Solo una roulotte, un bagno a secco all’aperto e tre bambini cresciuti tra alberi e libertà.
Ma la loro avventura “alternativa” si è scontrata con la legge. I tre figli sono stati portati via dalla casa nei boschi e trasferiti, insieme alla madre, in una comunità educativa a Vasto. Il padre, invece, è rimasto nella dimora immersa nella natura, in attesa di nuovi sviluppi.
Una vita selvaggia… ma legale?
La svolta è arrivata dopo un episodio che ha acceso i riflettori sulla loro esistenza: un’intossicazione da funghi, nell’ottobre 2024. Ricoverati tutti in ospedale, i servizi sociali sono intervenuti. Durante i sopralluoghi, hanno trovato una situazione abitativa ai limiti: roulotte adattata ad abitazione, niente energia elettrica, niente rete idrica, un isolamento quasi totale dal mondo esterno.
I bambini, di sei e otto anni, non frequentano la scuola, non hanno relazioni stabili con altri coetanei e vivono immersi in una quotidianità decisamente fuori dagli standard. Da qui l’indagine dei servizi sociali, che ha portato alla decisione del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila: sospensione della responsabilità genitoriale e affidamento temporaneo in comunità, con osservazione attiva delle dinamiche familiari.
Il legale della coppia, Giovanni Angelucci, difende con forza le motivazioni dei genitori. “Non è abbandono, ma una filosofia di vita”, sostiene. I due – lui britannico, lei australiana – hanno scelto volontariamente di crescere i figli secondo un modello “naturalista”, ispirato al pensiero di Rousseau. Una visione educativa che privilegia il contatto diretto con la natura, lontano dalle presunte tossicità della società moderna.
Secondo la difesa, i bambini sono seguiti da una pediatra e ricevono istruzione tramite homeschooling, modalità perfettamente legale in Italia. Nessun rischio concreto per l’incolumità dei piccoli, sostengono i genitori, solo un modo diverso – e profondamente sentito – di vivere e crescere insieme.
Tuttavia, la Procura ha ritenuto il contesto inadatto allo sviluppo dei minori, almeno per ora. Per questo la madre è stata autorizzata a restare con i figli in comunità, per non spezzare i legami affettivi e consentire un’osservazione più attenta del nucleo familiare.
Nel frattempo, una parte dell’opinione pubblica si è schierata con la famiglia. Una petizione online ha raccolto oltre 30mila firme, chiedendo che venga rispettata la loro libertà educativa e che i bambini possano tornare nella loro casa nel bosco.
Una vicenda che divide e fa discutere
Questo caso mette in luce un dilemma profondo e attuale: dove finisce la libertà di scelta dei genitori e dove inizia il dovere dello Stato di proteggere i minori? È legittimo crescere i propri figli lontano dalla scuola, senza elettricità né comodità, se si ritiene che questo stile di vita sia più sano e autentico? O si rischia di sconfinare, inconsapevolmente, nell’incuria?
La risposta, come spesso accade, non è semplice. La società moderna tende a misurare il benessere dei bambini con parametri precisi: socializzazione, istruzione, igiene, sicurezza. Chi si discosta da queste regole incontra sospetti, se non sanzioni. Ma è altrettanto vero che l’omologazione totale non è sempre garanzia di felicità.
Personalmente, credo che questa vicenda sollevi interrogativi profondi e che non possa essere liquidata con una semplice condanna o assoluzione. Da un lato, è fondamentale garantire ai bambini un ambiente che li tuteli, li faccia crescere in modo sano, completo e relazionalmente ricco. Dall’altro, bisogna anche saper ascoltare, capire, e forse anche accogliere visioni alternative della vita, soprattutto quando non pongono veri rischi alla salute e allo sviluppo dei minori.
E voi cosa ne pensate? È giusto allontanare i bambini da un contesto naturale e protetto solo perché non conforme ai modelli tradizionali? Oppure è un dovere delle istituzioni intervenire, anche contro la volontà dei genitori, per garantire un futuro più “standardizzato”?
Scrivete la vostra opinione nei commenti, il dibattito è aperto!
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