Morte Melania Rea: Cosa Fa Oggi Salvatore Parolisi?

Scopri i retroscena del delitto di Melania Rea: processo, condanna, revoche dei permessi Premio e la scelta della figlia Vittoria

Quattordici anni dopo il tragico 18 aprile 2011, la vicenda di Melania “Carmela” Rea continua a turbare profondamente l’Italia intera. Un delitto consumato con ferocia, raccontato ancora oggi come uno dei più dolorosi casi di cronaca nera del paese. Lei, giovane mamma di 28 anni originaria di Somma Vesuviana; lui, Salvatore Parolisi, caporalmaggiore del RAV Piceno, marito giurato fedele, condannato a 20 anni per omicidio, ma che continua a proclamarsi innocente.

Una giovane mamma spezzata

Melania non aveva ancora compiuto 29 anni quando la sua vita fu stroncata. Accudiva la bimba nata dalla relazione con Parolisi – la piccola Vittoria, appena 18 mesi – ignara dell’orrore che stava per accaderle. Il destino di Melania si consumò nel bosco delle casermette a Ripe di Civitella, nei pressi di Folignano (Ascoli Piceno), dove la coppia era in gita con la figlia.

Salvatore denunciò la scomparsa di Melania dal colle San Marco, ma le circostanze erano già tardive. Il corpo della donna venne ritrovato due giorni più tardi, crivellato da 35 coltellate in quella che il giudizio ha definito un gesto fatto d’impeto. L’arma del delitto non fu mai rinvenuta, e l’unico possibile misterioso testimone rimase anonimo: la telefonata al 113, due giorni dopo, fatta da una cabina in piazzale San Francesco da una voce con accento teramano, fu quella che consentì il ritrovamento del cadavere.

Dal processo alla sentenza definitiva

Il 19 luglio 2011, Parolisi fu arrestato. Il processo con rito abbreviato lo vide condannato all’ergastolo in primo grado; in secondo grado la pena fu ridotta a 30 anni. La Suprema Corte escluse l’aggravante della crudeltà, affidando ai giudici di Perugia il compito di rivalutare la pena. Nel 2016 la Cassazione confermò una condanna definitiva a 20 anni.

Parolisi, allora, dichiarò incessantemente la propria innocenza: piangeva, parlava di amore per Melania. Ma emerse che viveva una relazione extraconiugale con una soldatessa del 235º RAV Piceno, quando Melania non ne era nemmeno a conoscenza. Secondo la Cassazione, non vi era prova di una premeditazione, bensì di un gesto di impulso per “liberarsi di un ostacolo”, riferito alla moglie. Ha sempre negato ogni responsabilità.

Permessi premio, revoche e parole controcorrente

In carcere Parolisi si comportò da detenuto “modello”, ottenendo numerosi permessi premio, tutti poi revocati dal Tribunale di sorveglianza in seguito alla sua partecipazione al programma televisivo Chi l’ha visto?. L’avvocato Gionni, che assiste la famiglia Rea, dichiarò che Parolisi aveva dimostrato «assenza di rispetto per la vittima, per i suoi familiari e per le donne in generale», e così tutti gli altri permessi vennero tolti.

Durante le uscite, avrebbe dovuto svolgere attività di volontariato in parrocchia, ma dopo quell’intervista nessuna nuova uscita gli fu più concessa.

La figlia Vittoria cresce lontano dall’ombra paterna

Vittoria, che nel 2011 era nel seggiolone in macchina, oggi ha 15 anni e non porta più il cognome del padre. Nel 2020, ottenuto il via libero per chiamarsi Vittoria Rea, ha voluto legare per sempre il suo nome a quello della madre che le è stata sottratta così tragicamente. È cresciuta con i nonni materni a Somma Vesuviana; nella famiglia Rea è arrivato anche un altro nipote, il figlio dello zio Michele, testimone di continuità e speranza.

Il movente: l’amante e una tragedia dichiarata come “ostacolo”

Gli elementi emersi dalle indagini indicano che Parolisi intratteneva una relazione clandestina con una giovane soldatessa del suo reparto. Secondo la sentenza della Cassazione, il crimine non fu frutto di premeditazione, ma di una volontà improvvisa di “liberarsi dell’ostacolo” rappresentato dalla moglie, per far proseguire la sua relazione extraconiugale. L’ex caporal maggiore ha sempre negato alcuna volontà omicida, ha affermato di aver agito per impulso, senza aver meditato nulla.

Il carcere oggi e le parole del padre di Melania

Salvatore Parolisi sta scontando la sua pena presso il carcere di Bollate, lo stesso dove sono stati detenuti altri nomi noti come Alberto Stasi e Massimo Bossetti. A 44 anni, ha frequentato un percorso formativo per diventare centralinista. Il termine della pena è ancora lontano, e la speranza della famiglia Rea era che arrivasse l’ergastolo, negato per l’assenza delle aggravanti.

Quattordici anni dopo quel drammatico aprile, il padre di Melania, Gennaro Rea, non ha risparmiato parole amare: «Non posso dire che Melania abbia avuto giustizia, perché non l’ha avuta — ha dichiarato a Il Centro. Il marito l’ha colpita 35 volte, mentre la figlia era in auto, ha lasciato il corpo agonizzante nel bosco e successivamente ha cercato di depistare le indagini. Ma per i giudici ciò non basta per qualificare il gesto come crudeltà». Ha aggiunto: «Che valore ha la sofferenza umana? Come si può valutare quanto una donna soffra, mentre viene colpita fino alla morte dal suo uomo?».

La ferita rimane aperta. La parola “giustizia” risuona vuota negli occhi di chi ha perduto una figlia in modo così feroce e ingiusto.

Invito lasciarvi il vostro pensiero: commentate qui sotto cosa ne pensate di questa vicenda, dell’esito dei processi e del valore che diamo alla giustizia nelle storie di femminicidio.

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