Scopri come il doloroso segreto di Esma scatena rabbia e vendetta in famiglia nella prossima puntata de La notte nel cuore.
Una notte che nessuno potrà dimenticare: la tensione in “La notte nel cuore” esplode senza ritegno. Dopo il tentato suicidio di Esma, scaturito da una gravidanza indesiderata, ogni cosa precipita. Mesut, il fratello più giovane, incrina l’equilibrio già fragile della famiglia, accusando Esat della disperazione della sorella. E quando la rabbia gli oscurerà la ragione, spingerà Esat giù per le scale davanti a tutti, sotto gli sguardi attoniti e spaventati dei presenti.
Esma al limite: il dramma dietro la gravidanza
Esma ha scoperto di aspettare un figlio di Esat, l’uomo che l’ha sedotta con promesse di attenzioni e responsabilità che però non intende assumersi. Sentendosi intrappolata, tradita, in balìa del giudizio altrui, decide di farla finita: assume una dose letale di farmaci. Sarà Turkan a trovarla, in fin di vita, nella sua camera; dalla villa si chiede aiuto, si chiama un’ambulanza. E là, accanto al letto di Esma, c’è Mesut, che vede tutto, e che decide: è ora di guardare Esat negli occhi.
Nel frattempo Esat è seduto in un bar con una donna: leggerezza nei gesti, ironia nelle parole, un gioco di sguardi che tradisce leggerezza dopo la tempesta. Lei gli dice che appare e scompare, che lui somiglia a un cormorano: visibile solo quando vuole esserlo. Lui le risponde con mezze verità, sorrisi sfumati. “Diventerà il nostro hotel”, le propone improvvisamente, mezza promessa mezza sfida.
Poi entra Mesut. Lo ferma con un urlo: “Esat!”. Non un richiamo affettuoso, ma una condanna. Chiede rispetto, distanze, titoli: “Mi devi chiamare signor Esat”. L’arrivo del fratello non è occasione di pace, ma detonatore. Mesut dà voce al suo dolore: “L’ha fatto per colpa tua” – l’ha detto, davvero, davanti a tutti – riferendosi a Esma che avrebbe tentato di togliersi la vita.
Lo scontro pubblico: urla, sguardi, folla
La scena precipita. Quella parola – “colpa” – è una lama davanti agli occhi trasaliti dei clienti del bar. Un estraneo prova ad intervenire: “Signore, si calmi”. Un altro si scandalizza: “Si urla così ai bambini?”. Ma Esat non arretra: la voce si alza, l’orgoglio pure.
Mentre l’atmosfera è ormai elettrica, Esat cerca di calmare Mesut: “Vuoi un hamburger? Delle patatine? Lo pago io, va bene?”. Ma il ragazzo non vuole nulla, non vuole gesti pietosi, non vuole false riconciliazioni. Segue Esat fino alle scale. È lì, sul bordo del precipizio umano simbolico (e fisico), quando Mesut, sospinto da risentimento e dolore, perde la misura: spinge Esat. Egli cade, gli sguardi si spalancano, le bocche restano mute. “Esat! Esat!”, urla la donna al suo fianco, disperata. Lo portano via in ospedale.
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